Di
fatto i temi di questo moderno, giocoso ma profondo e poetico cantastorie si
ripetono e si rincorrono per lasciare emergere - nel procedere della
sperimentazione di modalità tecnico/espressive variate nel tempo - i
soggetti specifici del suo popoloso mondo d'immagini.
Nel
giardino interiore di Andrea non crescono solo lunghissime rose dallo stelo
spinoso e dal grembo accogliente dentro al quale ergersi per poter guardare
il mondo dopo aver attinto al nettare di alcune certezze; lì fioriscono
case, alberi, farfalle e formiche, spuntano omini volanti e giganti buoni
che camminano fra monti e strade di città alitandovi fiori e foglie come
speranze, compaiono api che fecondano teste/alveare di idee, scrosciano
acque che uniscono terra e cielo e si possono ascoltare gli antichi richiami
del vento o bisbigliare saluti a chi non c'è più ma è presente nel
patrimonio delle memorie.
Crescita, elevazione,viaggio come passaggio e trasformazione da una
condizione ad un'altra sul filo che unisce passato e presente in attesa di
un futuro che chiuda il cerchio esistenziale: sono questi i veri temi
sottesi all'immaginario rutilante di Capucci.
Il
tempo biografico e fisico della durata dell'esistenza è da lui continuamente
tradotto nei costanti tramandi figurali al mondo felice dell'infanzia nella
casa di via Carbonieri e delle estati sulla montagna piena di castagni,
mentre alla quotidianità dell'oggi e del complesso di via Pergolesi
appartiene il disagio della dimensione urbana.
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